Domanda ricorrente: come scegliere il vino giusto?
Comprare il vino: per fare la scelta giusta leggi sempre l’etichetta
Scegliere il vino in Italia non è cosa facile perchè abbiamo una lunga tradizione vinicola e da nord a sud vantiamo un’ampia produzione e diverse etichette di prestigio.
Persino chi non s’intende affatto di vino sa che questa bevanda è frutto della fermentazione alcolica dell’uva, ma come funziona esattamente?
Per capire come scegliere il vino giusto bisogna sapere alcune informazioni riguardo la fermentazione del vino. La spieghiamo in due parole: la fermentazione è provocata da alcuni microrganismi presenti nell’uva, che a determinate temperature trasformano le sostanze zuccherine in alcol e anidride carbonica.
In base poi al tipo di uva impiegata e ai processi di vinificazione, si possono produrre vini bianchi, rosati e rossi di diverse gradazioni alcoliche.
Una volta terminata la fermentazione, ha inizio la cosiddetta svinatura: il vino viene cioè travasato in botte e lasciato a riposare.
Sarà il tempo a fare il resto: il vino depositerà le particelle solide dell’uva sul fondo della botte e potrà definirsi “chiarificato”: quello è il momento giusto per imbottigliarle o lasciarlo invecchiare ancora.
I vini vengono classificati in bianchi, rosati, rossi, passiti liquorosi, frizzanti e spumanti.
Un processo semplice come quello appena descritto genera vini con pochi e naturali componenti
- Acqua organica
- Alcoli, (il più importante è l’alcol etilico, che conferisce al prodotto una certa gradazione: più l’uva è matura, più la gradazione sarà alta)
- Zuccheri (glucosio, fruttosio, xilitolo, arabinosio e saccarosio). Nei vini asciutti ne troviamo circa 2 g per litro, nei vini amabili da 10 a 20 g, nei vini dolci anche 70 g)
- Polifenoli (tannini, coloranti che influiscono sia nel colore che nel gusto del vino)
- Acidi (sia organici che inorganici) come acido tartarico, acido malico, acido citrico, acido succinico e acido lattico; stabiliscono il grado di acidità del vino
- Vari componenti minerali: potassio, magnesio, manganese, rame, sodio; tutti derivanti dai terreni dove l’uva è stata coltivata, più alcuni altri elementi che nel corso della produzione vanno per lo più perduti: le sostanze azotate, sostanze gommose, sostanze mucillaginose, sostanze peptiche, alseidi, esteri, gas, complessi enzimatici, vitamine.
Per scegliere il tuo vino, devi conoscere i marchi nazionali del vino
I marchi di qualità per certificare i vini italiani sono definiti da sigle che offrono informazioni sull’origine delle uve e il luogo geografico dove il vino è stato prodotto.
L’uso delle sigle DOCG, DOC E IGT è concesso unicamente per i vini commercializzati in Italia.
DOCG, DOC e IGT, ma cosa significano esattamente queste sigle? come mi aiutano a scegliere iol vino?
I marchi di qualità ci danno essenzialmente informazioni sul “Vino a Origine Geografica” e ne definiscono il territorio d’appartenenza. Scopriamoli insieme:
- Vini varietali: sono così definiti i vini senza denominazione; le informazioni riportate sull’etichetta riguardano il colore, bianco, rosso o rosato, il nome e il marchio dell’azienda imbottigliatrice. Riportano quindi in etichetta le qualità di uve utilizzate senza precisare il territorio di produzione.
- Vini IGT: (indicazione geografica tipica): rappresentano una categoria di vini prodotti in zone geografiche ampie, con un disciplinare produttivo poco restrittivo. Sull’etichetta oltre l’indicazione della zona geografica, troviamo informazioni sul vitigno di base e l’annata di raccolta. In Italia i vini a marchio IGT sono circa 118.
- Vini DOC: (denominazione di origine controllata): questo marchio viene attribuito a vini prodotti in un’area ben determinata, con precise caratteristiche enologiche, chimiche e organolettiche. Prima della vendita un vino DOC è soggetto a una serie di controlli che ne verificano i requisiti previsti dal decreto ministeriale. In Italia, attualmente ci sono 332 vini DOC.
- Vini DOCG (denominazione di origine controllata e garantita): questo marchio è riservato solo ai vini più pregiati, in Italia 73 per l’esattezza, che hanno superato svariate analisi chimiche e organolettiche. L’etichetta tra le informazioni obbligatorie impone anche la numerazione delle bottiglie prodotte. Di solito un vino che mantiene il marchio DOC per più di dieci anni si guadagna il marchio DOCG che simboleggia l’eccellenza nel settore.
Come scegliere il vino: il prezzo conta?
A parità di tipologia, il prezzo del vino è determinato dalle materie prime utilizzate, dalle tecniche di produzione, dalla categoria a cui appartiene, dal costo della bottiglia, dal tappo, e in generale tutto ciò che comporta un costo nella filiera.
Conoscere la storia di un vino può aiutare a capire se il valore della bottiglia che stiamo acquistando è giustificato. I ristoranti spesso ricaricano il prezzo di un vino del 300%!
Le cantine solitamente offrono diverse varietà di vini e fasce di prezzo, a partire da 2-3 euro fino ad arrivare alle cifre da capogiro di pregiatissime bottiglie, che possono costare 1000 euro e molto di più; pensate che una bottiglia di Romanée-Conti del 1945 è stata venduta a New York per 558.000 dollari.
Tornando coi piedi per terra, proviamo a conoscere prodotti un po’ più modesti e alla portata di tutti: con un budget di 10 euro si possono trovare discreti vini DOC giovani, ma bisogna spendere di più per poter degustare vini più maturi, circa il doppio.
Con 50 euro invece abbiamo una vasta scelta di vini DOCG di ottima qualità.
La qualità di un buon vino è comunque legata alla serietà e alle scelte etiche e professionali del produttore oltre che al marchio di qualità; questo per sottolineare che esistono vini varietali che vantano un’ottima qualità e un prezzo onesto.
Il vino può essere comprato principalmente in tre modi:
- Direttamente dal produttore per corrispondenza
- Presso club enologici produttori
- In una enoteca o al supermercato
Consigliamo fra questi di acquistare il vino direttamente dal produttore, per aver modo di conoscere chi lo produce, come viene prodotto, e in che luogo. Questo permette di abbattere i prezzi e aumentare la qualità del prodotto.
L’etichetta del vino: le informazioni che dobbiamo conoscere
I punti salienti dell’etichetta che possono aiutarci nella scelta sono i seguenti
- Il nome del vino: può essere un nome di fantasia oppure una delle denominazioni di origine controllata difese dalla legge.
- Nome e ragione sociale dell’imbottigliatore, incluso il comune di residenza: può essere talvolta sostituito con Il codice ICQRF che identifica le aziende imbottigliatrici. Nell’etichetta deve però figurare insieme al nome o la ragione sociale e l’indirizzo di un partecipante responsabile dell’etichettatura nei confronti del consumatore. L’azienda imbottigliatrice identificata tramite ICQRF è legalmente responsabile del vino presente in bottiglia.
- Annata: è essenziale per molti vini rossi, principalmente per poterli degustare quando sono nel loro momento migliore. Va detto che solo i vini con il marchio DOCG e DOC hanno l’obbligo di riportare in etichetta l’anno di produzione
- Indicazione allergeni: Il produttore è tenuto ad indicare l’aggiunta di solfiti, anidride solforosa, proteine dell’uovo e-o del latte.
- Quantitativo del prodotto
- La gradazione alcolica
- Tipologia del prodotto (solo se si tratta di un vino senza denominazione)
- Numero del lotto della partita
La dicitura “Contiene solfiti” indica che la quantità di anidride solforosa è superiore ai 10 mg/litro.
I solfiti vengono impiegati per stabilizzare, proteggere e conservare il vino, mantengono il colore brillante ed evitano alterazioni gustative indesiderate.
I solfiti naturali sono prodotti dall’uva durante la fermentazione, ma non superano mai i 10 mg/l. Per essere chiari: un vino senza solfiti ne contiene una quantità inferiore a 10 mg/l.
“Contiene solfiti”: questa dicitura rappresenta un rischio per la salute?
Normalmente, i solfiti non rappresentano un rischio per la salute; tuttavia la soglia massima di assunzione stabilita dall’OMS è pari a 50 mg, e i solfiti non si trovano esclusivamente nel vino.
Li troviamo infatti in tantissimi alimenti e bevande; parmigiano, pesce, funghi, alimenti fermentati come vino, sidro, birra. Ne sono ricchi gli hamburger e la frutta secca e anche alcuni medicinali, senza dimenticare che a volte non è obbligatorio riportare piccole percentuali di solfiti in etichetta.
In conclusione, accertarsi di rimanere nei limiti stabiliti è pressoché impossibile. Circa una persona su cento è sensibile ai solfiti
Chi soffre di asma è maggiormente predisposto a sviluppare un’allergia ai solfiti.
Diarrea, vomito, nausea, sintomi respiratori, eruzioni cutanee, ansia, pallore, debolezza, molto raramente shock anafilattico sono tutti sintomi di allergia da solfito.
Anidride solforosa o Solfiti
La presenza di anidride solforosa o di solfiti, se non specificata con la dicitura “contiene solfiti”, è segnalata dalle sigle E220 – E221 – E222 – E228
Detto ciò, produrre vini senza solfiti aggiunti è possibile, ma decisamente più impegnativo. L’uva deve essere sana e matura al punto giusto, il processo di fermentazione alcolica deve iniziare subito ed essere continuamente monitorato per combattere la formazione di batteri o lieviti nocivi.
È necessario quindi un maggiore impiego di risorse umane per eliminare l’uso della chimica sia in cantina che in vigna; non c’è altro modo per ottenere vini semplici e naturali, quei vini che producevano e bevevano i nostri nonni.
Riconoscere sapori e profumi è fondamentale quando devi scegliere il vino
Di seguito alcune nozioni di base per i non esperti
Non siamo tutti sommelier, ma qualche nozione di base non guasta per giudicare in modo corretto quello che beviamo.
- La dolcezza di un vino è data dagli zuccheri: la scala va dal secco all’asciutto, dall’amabile al pastoso, dal dolcigno al dolciastro.
- L’amaro invece è dato dal contenuto di sali minerali, o dalla degradazione della glicerina presente nel vino, in qualche caso “dall’ammalarsi” del vino. Non va confuso con l’amarognolo, peculiarità di alcuni vini: il classico retrogusto amarognolo lascia in bocca una sensazione piacevole ed è perciò positivo, mentre l’amaro è indice di perturbazioni del prodotto.
- L’acidità di un vino proviene dalle componenti acide dell’uva e dev’essere presente in giusta misura. In questo senso, si distingue il vino “fiacco”, ossia senza brio, e il vino “acerbo”, che denuncia il massimo dell’acidità e indica che è stato prodotto con uva acerba o poco matura.
- L’indicazione “neutro” definisce un vino equilibrato, non prevalente di erbaceo, che deriva da uve caratteristiche o da una lunga fermentazione in presenza di graspi di fresco; quando cioè l’acidità è appena elevata al punto di generare una sensazione di freschezza, di acidulo; in parole semplici, quando il fresco è più aggressivo ma non spiacevole.
- Il gusto salato dipende anch’esso dalla presenza di sali. Anche per questo elemento occorre il giusto equilibrio e non va confuso con il salmastro, che è proprio di vini costieri dei quali è caratteristica specifica.
“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.”
ERNEST HEMINGWAY